Ognissanti di Alessandro Manzoni, la poesia che svela la santità che vive accanto a noi

(p. m. ) e che ogni giorno, senza rumore, tiene in vita la speranza del mondo. Oggi mi piace ricordare il poeta Alessandro Manzoni
e la sua bella poesia “Ognissanti”, una poesia che parla della terra e di chi vive nella fatica di ogni giorno. Manzoni non vi canta i santi dei miracoli o delle statue, ma i santi nascosti, gli uomini e le donne che hanno scelto di fare il bene quando nessuno li guardava. Quella di Manzoni è una poesia che non celebra l’eroismo, ma la costanza, la forza silenziosa di chi resta fedele alla giustizia. Ognissanti è una poesia incompiuta, una delle poesie più amate da Alessandro Manzoni e forse proprio per questo rimasta incompleta. Nel 1860, il Manzoni rimase colpito dalla lettura di La Paysanne della poetessa francese Louise Colet, trovò in quei versi la bellezza delle anime nascoste che vivono solo per lo sguardo di Dio. Le inviò alcune quartine del suo inno, e la Colet le pubblicò nello stesso anno in Francia. Ma solo nel 1914 il testo venne dato alle stampe dal Pio Istituto pei Figli della Provvidenza di Milano, grazie all’autografo donato dal poeta alla moglie Teresa. Lui già era morto a Milano da diversi anni, il 22 maggio 1873. La poesia Ognissanti avrebbe dovuto far parte del ciclo degli Inni Sacri, ma ne rimase fuori perché incompiuta. Eppure potrebbe essere considerata il suo testamento spirituale. È la poesia di un uomo che non cerca più la gloria nei grandi gesti napoleonici, ma la verità che si nasconde nella semplicità. Alessandro Manzoni guarda ai santi come a un riflesso dell’umano, chi ha sbagliato, chi si è rialzato, chi ha saputo credere ancora nella bontà del mondo. La santità, per lui, non è un trionfo ma un cammino. È la voce silenziosa del bene che vive accanto a noi e che ogni giorno, senza rumore, tiene in vita la speranza del mondo. Ognissanti del Manzoni è una poesia che parla al cuore degli uomini comuni e invita a scoprire la santità che vive nella semplicità dei gesti. L’inno si apre con l’immagine di anime che cercano Dio. È il desiderio di oltrepassare la materia per raggiungere la luce divina, quel Sole che illumina i beati e che all’uomo resta ancora velato dalla nebbia. Il poeta mostra come il mondo non comprende questa tensione verso il cielo. La società terrena misura il valore in base all’utilità e al successo e non comprende le virtù silenziose di chi vive appartato senza cercare gloria. Manzoni invece parla dei santi che accumulano ricchezze invisibili che non si mostrano ma che rendono più umano il mondo. E invita a rivolgere lo sguardo a Dio presente nella spiga che nutre, nel lino che diventa veste, nei succhi delle piante che guariscono. Il fiore che nasce nel deserto è l’immagine più delicata e commovente della poesia. È il simbolo della santità silenziosa che non ha spettatori ma vive solo per lo sguardo di Dio. È il fiore che muore dopo aver profumato il cielo e che rappresenta la bellezza nascosta del bene. Manzoni parla di santi che non sono perfetti, ma redenti. La loro storia non è priva di errori, ma è segnata dal perdono e dalla misericordia divina. L’immagine dell’acqua che scorre nel fango e poi risale limpida rende visibile il miracolo della conversione. Il dolore e le ferite del peccato diventano testimonianza della grazia. “Ognissanti” insegna a riconoscere la grandezza nascosta nelle anime semplici, nei cuori silenziosi, nella luce di chi fa il bene senza bisogno di essere visto. E oggi, in un mondo che misura tutto con l’apparenza, il messaggio di Manzoni è chiaro: ci ricorda che la santità non sta nel rumore, ma nel silenzio. Che la bellezza non ha bisogno di essere mostrata per esistere. E che la santità più alta è quella silenziosa che ogni giorno, nel segreto, rende il mondo un po’ più giusto, un po’ più luminoso, un po’ più umano.

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