(Ennio Severino ) SPARANISE I varchi nel tragico reticolato - Con altri ragazzi cercavamo di provocare dei punti deboli nel reticolato attorno al campo di concentramento. Riuscimmo così ad aprire delle brecce mimetizzandole in qualche modo, per evitare che chi scappava potesse lasciare tracce che scatenassero l’ira incontrollata delle guardie tedesche. Personalmente ho vissuto ore della cui drammaticità solo in seguito mi sono reso conto. Mio fratello Renato e alcuni suoi amici un giorno mi fasciarono la fronte macchiandola di rosso. Poi mi spinsero in un varco e mi ritrovai all’interno del campo di concentramento. Due erno le mie incombenze: indicare i varchi agli internati e rubare qualcosa tra le le montagne di cassette di carne in scatola, gallette e un durissimo cioccolato. Il tutto costituiva parte del campo preesistente allestito dai comandi militari italiani. Furono numerosi gli uomini che in quei giorni riuscirono drammaticamente a scappare dal campo attraverso quei varchi che avevamo creato. Alcuni di essi trovarono un rifugio accogliente nel giardino di casa Stolfi. - Quelle due malcapitate pecore - Una mattina all’incrocio tra Corso Alfredo Olivares – oggi Corso del Popolo – e via Napoli – oggi Via Ragozzino- si fermò un gruppo di pecore smarrite. A mio fratello e a me la scena sembrò un miraggio, date le particolari circostanze. Con qualche accorgimento e una perizia dettata dalle necessità impellenti riuscimmo ad incanalare due di quelle pecore nel portoncino che precedeva la scala verso il cortile sovrastante, dov’è tuttora casa Stolfi. Nonostante la loro malavoglia le due pecore furono costrette a salire. Una volta nel cortile, il resto venne da solo. Papà Nicola, mio padre - che un giorno feci scappare da un camion tedesco fermo in piazza, portandogli la sua bicicletta – si prestò a fare da macellaio.. non so se le mie azioni furono atti di coraggio. Sono più propenso a credere che si trattò di atti non proprio responsabili.Del resto avevo undici anni.
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