Un’umanità sempre più incapace di pensare, governata da algoritmi e microplastiche nel cervello
(Russo Gianluca). Senza accorgercene, abbiamo consegnato il controllo delle nostre comunicazioni a un fondo di investimento americano: Meta, la società che possiede Facebook, Instagram e WhatsApp, è una multinazionale quotata in borsa, guidata da logiche finanziarie, non da interessi pubblici, nazionali o etici. Oggi, quasi nessuno telefona più con la rete telefonica nazionale italiana: si usa WhatsApp — un’app sviluppata all’estero, controllata da una multinazionale che non ha alcun obbligo di rispettare le norme italiane sulla privacy, la sicurezza o la sovranità digitale. Eppure, TIM, di fatto nazionalizzata (acquisita dalla Cassa Depositi e Prestiti) non ha mai sviluppato un’applicazione nazionale di messaggistica. Un paradosso: mentre l’Italia perde il controllo delle sue comunicazioni, le sue istituzioni non agiscono per recuperarlo.
Nel giro di quindici anni, l’uso massiccio di applicazioni social ha generato un declino delle capacità cognitive. Un fenomeno osservabile, documentato e multifattoriale.Inizialmente considerata un’allarmistica generalizzazione, l’ipotesi di un calo delle capacità intellettive umane ha trovato crescente supporto empirico. Numerosi giovani adulti riportano difficoltà nel mantenere l’attenzione su testi complessi, tendenza a scansionare superficialmente l’informazione, ridotta propensione a impegnarsi in ragionamento logico o problem solving (Rosen et al., 2013; Twenge et al., 2019). Questi cambiamenti non sono attribuibili esclusivamente all’invecchiamento individuale, ma riflettono un fenomeno sociocognitivo più ampio. Studi dell’Università del Michigan e dati del Programma PISA indicano un declino delle competenze cognitive fondamentali tra adolescenti e giovani adulti, segno di una trasformazione radicale nel rapporto con la conoscenza nell’era digitale. (Ritchie & Tucker-Drob, 2018; OECD, 2023)
Microplastiche nel cervello: il nemico invisibile
In parallelo, cresce l’evidenza di fattori biologici che potrebbero contribuire a tale declino. Ricerche recenti hanno rilevato la presenza di microplastiche nel tessuto cerebrale umano: particelle di polietilene e polipropilene sono state identificate in campioni post-mortem di soggetti non affetti da patologie neurologiche note. (Leslie et al., 2022; Science of the Total Environment, 2024).
Sebbene gli effetti neurotossici siano ancora in fase di studio, tali particelle sono associate a infiammazione cronica e stress ossidativo — meccanismi chiave nella neurodegenerazione.
Contemporaneamente, si osserva un incremento significativo dei casi di Alzheimer e demenze correlate. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (2023), il numero globale di persone con demenza raddoppierà entro il 2050 — con un aumento del 40% nei soggetti sotto i 65 anni negli ultimi due decenni.
Essere governati come bestiame: il futuro che stiamo costruendo?
Se questo è il quadro, cosa ci aspetta? Nel giro di pochi anni, potremmo essere pronti per essere governati come animali. È l’espressione tipica della realtà contadina: “Vado a governare gli animali”. Non nel senso di esercitare il potere, ma nel senso più antico e crudele del termine: essere gestiti, controllati, diretti come bestiame. Un’espressione che, in un’ottica arcaica suggerisce che chi governa non deve necessariamente pensare, ma solo ordinare. E chi è governato non deve ragionare: deve obbedire. Un’umanità sempre più incapace di pensare, di leggere, di riflettere e quindi sempre più facile da controllare.
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