Un giovane studente della L.Da Vinci ci racconta "La sua analisi introspettiva ed umana" della Trilogia "Il Signore degli anelli"
(Maria Grazia Capanna) SPARANISE- È con grande piacere che questa redazione ha deciso di dare spazio, con una serie di appuntamenti settimanali ad una rubrica intitolata: "Il Giardino dei Libri" in cui si darà spazio al racconto della lettura di un libro. Chi nella propria vita non hai mai letto un libro?
Sì, un libro, quello che era solito ritrovare in soffitta  tra la polvere, nei bauli di famiglia, tra i regali sotto l' albero di Natale o da parte di zii e nonni o dalle maestre per esortare alla lettura. È così le fiabe, le favole, i racconti fantastici hanno segnato la vita di molte generazioni con ricordi indelebili. In un'era digitalizzata, in cui il libro, come ogni semplice  documento cartaceo, viene via via "spodestato" da formati digitali: l'e-book, i libri, con il loro odore "unico" la copertina spesso rilegata le immagini ed i titoli invitanti, hanno fatto compagnia davanti al camino nelle serate invernali ed allietato le calde giornate d'estate. Ed è proprio in una sera di inizio estate che inizia l'avventura di una avvincente lettura del nostro giovane amico.
In rispetto della privacy poiché trattasi di un dodicenne che frequenta la locale scuola media Statale "Leonardo Da Vinci" pur avendo ricevuto consenso da parte di entrambi i genitori parleremo di lui con l'utilizzo dello pseudonimo che per tutti i nostri lettori é:Pasquale.
Ma prima di riportarvi le sue considerazioni ed il sunto della sua composizione è doveroso, nei riguardi di chi non avesse letto il libro, di un breve riassunto del I° Volume della trilogia del "Signore degli anelli", ossia "La compagnia dell'anello". Romanzo epico fantastico scritto da J.R.R. Tolkien e ambientato alla fine della Terza Era dell'immaginaria Terra di Mezzo, scritto a più riprese tra il 1937 e il 1949 pubblicato in tre volumi, tra il 1954 e il 1955, tradotto in trentotto lingue, le sue centocinquantamila copie lo rendono una delle opere letterarie di successo del XX secolo.Temi religiosi  sono largamente presenti nella Terra di Mezzo di Tolkien, anche se il riferimento esplicito alla religione è tralasciato intenzionalmente. J.R.R. Tolkien affronta il tema dell'ambiente in Il Signore degli Anelli, descrivendo la natura come un elemento centrale e vivo, non solo come uno sfondo. In particolare, mostra un profondo amore per gli alberi e le foreste, rappresentati come esseri senzienti come gli Ent e il Vecchio Uomo Salice, e denuncia la distruzione ambientale, la deforestazione causata dalle forze oscure. L'opera sottolinea la responsabilità individuale nella tutela del pianeta e propone una visione olistica in cui la natura non è una risorsa da sfruttare, ma un compagno di viaggio da rispettare. 
Tolkien descrisse l'opera ad un suo amico gesuita padre Robert Murray come un'opera fondamentalmente religiosa e Cattolica, essendo presenti il tema la battaglia tra il bene ed il male, il trionfo dell'umiltà, sull'orgoglio e l'attività della Grazia divina. La saga include temi che spaziano dal concetto di morte e di immortalità, di misericordia, di peccato, resurrezione e salvezza fino alla giustizia ed al libero arbitrio. Infine Tolkien, nelle sue lettere, rende esplicito il fatto che il passo "non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male" del Padre Nostro fu tenuto molto presente nella descrizione delle lotte interiori di Frodo contro il potere dell'Unico Anello.
Tutto ebbe inizio con la forgiatura dei grandi anelli: tre furono dati agli Elfi, gli esseri immortali, più saggi e leali di tutti; sette ai re dei Nani, grandi minatori e costruttori di città nelle montagne e nove anelli furono dati alla razza degli Uomini, che più di qualunque cosa desiderano il potere poiché in questi anelli erano sigillati la forza e la volontà di comandare tutte le razze. Ma tutti loro furono ingannati perché venne creato un altro anello nella terra di Mordor, tra le fiamme del Monte Fato. Sauron l’Oscuro Signore forgiò in segreto l’anello sovrano per controllare tutti gli altri, e in questo anello, riversò tutta la sua crudeltà, la sua malvagità e la sua volontà di dominare ogni forma di vita: “un anello per domarli tutti”. Uno ad uno i paesi liberi della Terra di Mezzo caddero sotto il potere dell’Anello, ma alcuni opposero resistenza. Un’ultima alleanza di Uomini ed Elfi marciò contro le armate di Mordor, e sui pendii del Monte Fato, combatté per la libertà della Terra di Mezzo.
La vittoria era vicina, ma il potere dell’Anello non poteva essere sopraffatto: la potenza di Sauron era infinita. Fu in quel momento, quando ogni speranza sembrava svanita, che Isildur, figlio del re di Nùmenor, afferrò la spada spezzata di suo padre, e con quel che restava della lama, recise con un fendente il dito di Sauron che indossava l’Anello. Sauron, il nemico dei popoli liberi della Terra di Mezzo, venne sconfitto. L’Anello passò a Isildur che ebbe quest’unica possibilità di distruggere il male per sempre. Ma il cuore degli uomini si corrompe facilmente e l’Anello del Potere ha una volontà sua.
Esso condusse Isildur alla morte, e alcune cose che non avrebbero dovuto essere dimenticate andarono perdute; la storia divenne leggenda, la leggenda mito, e per 2500 anni dell’Anello si perse ogni conoscenza finché, quando si presentò l’occasione, esso irretì un nuovo portatore. L’Anello pervenne alla creatura chiamata Gollum che lo portò nei profondi cunicoli delle Montagne Nebbiose e lì l’Anello lo consumò. L’Anello diede a Gollum un’innaturale lunga vita: per 500 anni avvelenò la sua mente e, nell’oscurità della caverna di Gollum, attese. Le tenebre strisciarono di nuovo nella foresta del mondo; correvano voci di un’ombra ad est, sussurri di una paura senza nome.
E l’Anello del Potere percepì che era giunto il suo momento: abbandonò Gollum. Ma accadde qualcosa che l’Anello non aveva previsto. Fu raccolto dalla creatura più improbabile che ci fosse: uno Hobbit, Bilbo Baggins della Contea. Perché presto sarebbe arrivato il momento in cui gli Hobbit avrebbero plasmato la fortuna di tutti››.
Ed é proprio nel I° volume che Pasquale ci presenta con la sua composizione la figura di Galadriel descrivendola così: " ...lei non ha proprio un ruolo chiave nel racconto é una nobile e saggia elfa ed é stata una dei pochi elfi rimasti dopo la fine della loro Era. Regina e Signora di Lothlorien possiede uno dei tre anelli del potere quello di Nenya, l'anello dell' acqua che ha il potere di proteggere il suo regno e per far crescere la bellezza nel bosco, possiede uno specchio che le permette di mostrargli il futuro, rappresenta la saggezza e la determinazione per contrastare Sauroman, é anche meglio conosciuta per aver resistito alla tentazione di non indossare l'anello.
È lei che consegnerà il dono più prezioso a Frodo ovvero i Silmarin."
Ringraziamo Pasquale per averci scritto e fornito la sua breve ma intensa composizione scritta che conclude una lunga conversazione durante la quale innumerevoli sono state le sue personali impressioni "lo penso io, non c'è scritto nel libro" il suo impegno e soprattutto la scelta del personaggio Galadriel che assolutamente lui non identifica quando gli viene chiesto come una strega tutt'altro, la descrive come una donna buona e saggia l'Elfa che dona a Frodo la ampolla contenente l'acqua della sua fontana e impregnata della luce di Eärendil che racchiude la luce di uno dei Silmaril. Questa fiala si rivela fondamentale per Frodo e Sam per fuggire da Shelob, superare le guardie di Cirith Ungol e per indicare la via verso Valinor alla fine. Auguriamo a Pasquale di proseguire con la lettura degli altri volumi e dei suoi avvincenti episodi con lo stesso spirito entusiasta e curioso che ha  trasmesso durante il nostro incontro.
Maria Grazia Capanna


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