Preoccupazione per l’ultima Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA)

(Caserta24ore) Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani accoglie con preoccupazione, ma anche con rinnovato senso di responsabilità civile e pedagogica, i contenuti dell’ultima Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA)
, riferita al primo semestre 2023, che traccia una mappa aggiornata e dettagliata degli assetti della criminalità organizzata nella città di Napoli e nella sua provincia. La fotografia restituita dalla DIA non mostra solo la forza militare e strategica delle principali organizzazioni camorristiche – l’Alleanza di Secondigliano (Mallardo, Contini-Bosti, Licciardi) e il clan Mazzarella, storicamente antagonisti ma convergenti oggi su interessi nell’economia legale – ma evidenzia una metamorfosi ancora più pericolosa: l’infiltrazione capillare nei meccanismi dell’economia pubblica e nella struttura amministrativa locale, finalizzata all’ottenimento illecito di finanziamenti e appalti. A questa criminalità organizzata di vertice, capace di ottenere una vera e propria “legittimazione sociale” e di esercitare un quasi-oligopolio economico, si affiancano reti di criminalità intermedia – definite come “sodalizi meno evoluti” – che incidono profondamente sulla quotidiana percezione di insicurezza, e infine un sottobosco violento e instabile, dedito a spaccio, estorsioni e rapine, che contende il territorio in un conflitto perenne e disordinato. In provincia, la relazione evidenzia una presenza consolidata e militarmente aggressiva: il clan Moccia ad Afragola, proiettato anche oltre i confini regionali; il clan Mallardo a Giugliano in Campania; gli Amato-Pagano a Mugnano e Melito, sostenuti dal narcotraffico internazionale legato alla figura di Raffaele Imperiale; i Nuvoletta, Polverino, Orlando a Marano; il nuovo gruppo emergente Quarto Sistema a Torre Annunziata. Questi nomi non sono semplici etichette criminali: rappresentano organizzazioni sistemiche che penetrano nel tessuto socioeconomico con metodi moderni, selettivi e sempre più opachi. In questo contesto così allarmante, appare evidente che la lotta alle mafie non può esaurirsi nella sola repressione penale, ma deve fondarsi su un radicale e permanente investimento educativo, capace di contrastare la cultura mafiosa fin dalla scuola primaria. Per questo, il CNDDU rivolge un appello urgente e formale al Ministro dell’Istruzione e del Merito, Prof. Giuseppe Valditara, affinché venga avviato un piano nazionale straordinario per l’educazione alla legalità e ai diritti umani, da realizzarsi prioritariamente nei territori a maggiore densità mafiosa. Occorre: Rendere strutturale e obbligatoria l’educazione alla cittadinanza democratica e ai principi costituzionali, con una presenza significativa nel curricolo scolastico; Potenziare i percorsi interdisciplinari di educazione civica con la presenza di testimoni della lotta alla mafia, magistrati, giornalisti, associazioni del terzo settore; Istituire presìdi educativi stabili nelle scuole dei quartieri e dei comuni segnalati dalla DIA come ad alto rischio criminale, con équipe multidisciplinari di docenti, educatori e psicologi; Sostenere i docenti nella formazione continua su pedagogia della legalità, contrasto alla devianza minorile, strumenti per la resilienza educativa. Ribadiamo con forza che la scuola non può essere lasciata sola nel contrastare l’egemonia mafiosa. Ogni omissione educativa, ogni ritardo istituzionale, rappresenta terreno fertile per la criminalità organizzata, che si nutre del disincanto, della sfiducia, dell’abbandono scolastico, dell’assenza di alternative culturali.

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