14 Luglio (1614) , Memoria di SAN CAMILLO, il Buon Samaritano. Da mendicante a cappuccino infermiere

(Paolo Mesolella) La vita di San Camillo De Lellis è una vita straordinaria nella sua imprevedibilità. E’ la vita di un “maledetto”
vissuta nel peccato e nel pentimento, fino alla conversione avvenuta il 2 febbraio 1575 nel convento di San Giovanni Rotondo, all’età di 25 anni. Allora decise che da soldato di ventura al soldo di Venezia e della Spagna e grande giocatore di carte e dadi, doveva diventare frate cappuccino e servo dei malati. E questo suo servizio durò quarant’anni, fino alla sua morte avvenuta la sera del 14 luglio 1614 alla Maddalena di Roma, dove ancora oggi si conserva il suo cuore. Aveva solo 43 anni quando morì. Ed era il tempo dei filosofi Cartesio, Hobbes, Giordano Bruno e Bacone e di artisti come Caravaggio, Shakespeare e Cervantes. Il tempo del Concilio di Trento, convocato nel 1545 e della battaglia di Lepanto del 1566 che fermò l’avanzata dei turchi a Lepanto San Camillo visse questo tempo negli ospedali, vicino ai malati e per questa sua scelta di carità è diventato Beato, Santo, patrono di Chieti, compatrono degli ospedali e dei malati, Benefattore dell’umanità, patrono degli infermieri , patrono dell’Abruzzo e Patrono della Sanità militare. Quando nacque, mamma Camilla aveva quasi sessant’anni. Lui era il secondo figlio, il primo era morto piccolo molti anni prima. Ma dopo pochi anni morì anche lei lasciando Camillo da solo a 13 anni. Il cuore di san Camillo
La reliquia del cuore di san Camillo è conservata in una teca nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Roma. Un cuore grande come quello di una madre. Scrive padre Sanzio Cicatelli nella sua “Vita di Padre Camillo de Lellis” del 1624 : “Camillo quando si metteva intorno ad un ammalato, sembrava una madre intorno al letto del proprio figlio infermo… Con le braccia e le mani si vedeva incurvato e piegato sopra l’infermo e prima che si partisse da quel letto, cento volte andava tastando il capezzale e le coperte da capo, da piedi, e dai fianchi: e come fosse trattenuto da una invisibile calamita, pareva che non trovasse la via di distaccarsene, andando e tornando dall’una all’altra parte del letto, interrogando se stava bene, se bisognava altro, ricordandogli qualche cosa appartenente alla salute..”. Il Cicatelli, confratello di Camillo, nella sua biografia ricorda anche i momenti dell’espianto del cuore: “Furono chiamati due chirurghi dell’ospedale Santo Spirito di Roma, dove Camillo aveva servito i malati per alcuni decenni e a lui molto devoti: il dottor Girolamo Bianchi primario e l’aiuto Michele Ercolini. Levato detto core dal corpo, fu posto in un catino, e sopra un poco di aromi e di lì messo in una cassetta di cipresso, e detto da Padri che si mandasse in Napoli per dare parte del corpo alla Casa Professa, che fu la seconda da lui fondata. Appena estratto, il cuore apparve di un rosso così vivo che pareva un rubino ed era di tanta grandezza che fece restare ammirati quanti lo videro”. Messa nella cassettina di legno, la preziosa reliquia venne affidata a padre Giovanni Califano che lo portò nel convento di Napoli. Nella stessa chiesa è conservato il suo corpo in un sarcofago di vetro. Negli ospedali romani - San Camillo svolse la sua opera soprattutto in due ospedali romani: San Giacomo degli Incurabili e il Santo Spirito in Sassia, Nel primo si curavano in modo particolare le malattie veneree e cutanee spesso contagiose, nel secondo c’erano anche i bambini disabili e quelli abbandonati. Non era facile quindi svolgere il servizio di assistenza con la paura del contagio e i pregiudizi sociali, a favore delle persone più deboli come gli orfani e i malati. Arrivò la prima volta all’ospedale di S. Giacomo a Roma nel 1571 a causa della sua piaga alla gamba destra. Aveva 21 anni. Qui si fermò a lavorare come garzone, ma fu cacciato dopo pochi mesi per indisciplina, dal momento che litigava con tutti e si assentava continuamente per andare a giocare a carte o a dadi con i barcaroli di Ripetta. Vi ritornò a 25 anni, nel 1575, dopo la conversione e vi rimase 6 mesi come infermiere, 2 anni e 3 mesi come guardarobiere e dall’ottobre 1579, per 4 anni e 10 mesi, come “Maestro di Casa” dell’ospedale. Nel 1584 diventò sacerdote ma per via delle restrizioni passò all’ospedale Santo Spirito dove continuò per altri trent’anni la sua attività di assistenza ai malati. In quello stesso anno fondò la “Compagnia dei Servi degli Infermi” e diede loro regole ben precise ispirate alla scuola di San Filippo Neri, suo direttore spirituale conosciuto per aver fondato strutture dove ospitava i malati gravi dimessi dagli ospedali sovraffollati. A Napoli - La sua prima fondazione nasce a Napoli, nel 1588, seguiranno fondazioni a Milano, Genova, Bologna, Messina, Palermo, Mantova, Viterbo, Bucchianico e Chieti. Intanto nel dicembre 1591 la Compagnia di san Camillo diventa un ordine religioso. I Chierici regolari ministri degli infermi avrebbero obbedito ad un quarto voto: quello di seguire gli infermi malati di peste, anche rischiando di morire. Alle Terme di Diocleziano - Camillo infatti, assisteva tutti i malati, non solo quelli ricoverati negli ospedali. Ricorda il suo biografo Vanti : ”Nel 1590 si sviluppò una febbre maligna alle Terme di Caracalla, tra i lavoratori della lana e della seta, chiamati a Roma da Sisto V e miseramente acquartierati con le loro famiglie dentro i fornici e gli anfratti. Camillo condusse sul suolo alcuni medici per la visita ai malati e qualche farmacista per la preparazione delle medicine incaricandosi di ritirarle e somministrarle lui stesso. Visitava ogni tugurio e, dove trovava chiusa la porta bussava e se nessuno apriva, sospettando che chi era dentro non fosse in grado di farlo, abbatteva l’ostacolo, presentandosi con i soccorsi… Saliva ed entrava occorrendo, dalle finestre o da altre aperture di fortuna”. A Milano per la peste Andò anche a Milano nel 1594, al tempo della peste. Ai contadini che lo fermavano insieme ai suoi compagni e gli dicevano di non andare perché c’era la peste, lui rispondeva che era proprio per questo che ci andavano.(Alvarez,1987). Lo stesso fecero i suoi Ministri durante la peste a Roma nel 1657 al lazzaretto, all’ospedale degli incurabili, a Porta Pia e a Messina nel maggio 1744 dove in tanti morirono infettati dalla peste mentre assistevano gli infermi. Il registro dei morti dell’Ordine ricorda 17 camilliani morti per contagio a Roma nel 1591 e 107 camilliani morti nel solo anno 1659. La peste a Roma Nell’epidemia del 1591 a Roma, scrivono Brusco e Alvarez, “quasi tutti si ammalarono e morivano e il padre Camillo si mise a governarli e prepararli i suoi bisogni, caricando un asinello, che conduceva seco, di tutte le cose necessarie…ed era tanta la miseria dei suddetti poveretti, che non vi era chi potesse aprire la porta e bisognava entrare per le finestre, lavar piatti, portar via l’immondizia, nettar figlioli piccoli… Vidi Camillo che portava in spalla li poveri che trovava in strada e li portava all’ospedale provvedendoli delle cose necessarie”. In un quadro di Pierre Subleyras del 1720, conservato a Roma a Palazzo Braschi, si vede San Camillo, durante la notte di Natale del 1598, mentre salva dalle acque del Tevere trecento malati della corsia Sistina dell’ospedale S. Spirito. Camillo salva i trecento ricoverati gettandosi nell’acqua limacciosa e faticò tutta la notte per portare i malati sulle spalle al piano superiore dell’ospedale. Scrivono Brusco e Alvarez in “Spiritualità Camillana”: “Il 1590 e 91 furono anni campali per Camillo, di carestia e di peste a Roma. Cominciò con l’istituire una mensa calda per 300 poveri… distribuiva indumenti, e andava a stanare dalle grotte e dalle stalle i malati per portarli negli ospedali.. Nominato da Papa Gregorio XIV coordinatore dei soccorsi, ne accolse più di tremila presso l’ospizio di San Sisto facendoli assistere dai suoi religiosi. E spesso girovagava per Roma alla cerca del pane per i poveri, con la bisaccia al collo”. Parlò con il Crocifisso.- Nella chiesa della Maddalena a Roma è conservato anche il Crocifisso con il quale san Camillo avrebbe parlato per tanto il tempo. Le cronache infatti testimoniano che quando Camillo, stanco e sfiduciato stava per abbandonare l’ospedale di San Giacomo a Roma, il Crocifisso si animò, staccò le braccia dalla croce e gli disse di continuare la sua opera di carità perché l’avrebbe aiutato. Un quadro “miracoloso” invece si trova nella piccola cappella annessa alla casa natale del santo e raffigura “San Camillo davanti al Crocifisso” di P. Domenico Priori di Chieti, 1716. La vita - San Camillo nacque in una stalla. Proprio come Gesù, Camillo nacque in una stalla di Bucchianico in provincia di Chieti, il 25 maggio 1550 e poi restò praticamente da solo: senza la madre Camilla morta nel 1569 e senza il padre Giovanni, marchese e capitano di ventura, morto nel 1563. Anche lui si imbarcò con il padre in tante galere veneziane e spagnole in giro per il mondo, in cerca di avventure e solo per motivi di salute, non si era trovato a vent’anni nella guerra di Lepanto del 1571. Era povero e viveva da povero in cerca di espedienti al punto che, a causa della sua passione per il gioco, fu costretto a mendicare, a vendere perfino la camicia in Via san Bartolomeo a Napoli e a chiedere l’elemosina davanti alla chiesa di San Domenico a Manfredonia, finché un giorno fu avvicinato da un signore che vedendolo così imponente – era alto quasi due metri – gli propose di lavorare presso il convento dei frati Cappuccini come manuale, portando pietre, acqua e calce ai muratori. La conversione - Il 1 febbraio 1575, però, il padre guardiano lo manda al convento di S. Giovanni Rotondo con delle provviste per i frati. Qui incontra Padre Angelo, guardiano del convento che dà una svolta alla sua vita. La mattina seguente riparte con il suo asino verso Manfredonia per portare il vino al convento. Ma lungo la strada, ripensa alle parole del frate: ”Dio è tutto… il resto è nulla”, scende dall’asino e si butta a terra piangendo. Poi si rialza deciso a diventare frate cappuccino. A 25 anni entra nei conventi di Penne e di Tagliacozzo in Abruzzo, ma a causa della piaga al piede , poiché il saio francescano gli irritava la pelle, dopo quattro mesi, è costretto a lasciare i frati e a ritornare nell’ospedale di S. Giacomo a Roma. Qui, nel 1583, diventa “maestro di sala”, riunisce in una cameretta i suoi primi discepoli è fonda una Compagnia di secolari. Era questa la strada che Dio aveva stabilito per lui: “Poiché, diceva, Dio non mi ha voluto cappuccino, né in questo stato di penitenza, dove desideravo tanto stare e morire, è segno che mi vuole qui al servizio di questi poveri infermi”. I Miracoli e le reliquie di san Camillo - Il primo miracolo di San Camillo di cui parla il Cicatelli nella sua biografia edita a Roma nel 1615, riguarda la guarigione di Antonio Riccianti, un arrotino moribondo, malato ai reni al punto che le sue urine erano diventate nere. San Camillo lo toccò facendogli il segno della croce sulla fronte e lui dopo pochi giorni guarì. Un’altra guarigione per intercessione di San Camillo avviene in ospedale: prega per un uomo a cui doveva essere amputata la gamba e durante la notte guarisce. Nel Santuario di San Camillo a Bucchianico, in una sala si conservano numerose reliquie del santo: la reliquia del piede, una teca con gli sfilacci che assorbivano il versamento della piaga, una benda utilizzata dal santo per fasciare la piaga, una scarpa ed il calice del santo conservati in teche dorate. Inoltre un ritratto del santo di autore ignoto del XVIII sec. ed una statua lignea policroma detta “La Taumaturga” risalente ai primi decenni del Seicento. Nella cripta , invece, si conserva il simulacro del santo il cui volto ricostruisce fedelmente quello di San Camillo sulla base della maschera di cera prodotta prima della sepoltura. Nell’urna del simulacro è conservata la reliquia dei precardi, le parti che circondano il cuore. Vicino alla reliquia si trova la teca con l’ampolla contenente il sangue raggrumato del santo ed il frammento del suo cuore. Nella sala delle reliquie sono conservati anche: il camice, la pianeta, il calice, il bastone, le scarpe, le bende, le sue lettere e vari documenti. La chiesa di Santa Maria Maddalena - La chiesa della Maddalena è un raro esempio di arte barocca-rococò a Roma. La chiesa e l’ annesso ospedale, appartenne nel Trecento alla Confraternita dei Disciplinati. Nel 1586 sia la chiesa che l'ospedale furono affidati a san Camillo de Lellis come sede della Compagnia dei Ministri degli Infermi. La terza cappella a destra, la Cappella di S. Camillo, è stata ultimata nel 1749, dopo la canonizzazione del Santo avvenuta il 29 giugno 1746. Sull'altare vi è la tela con “S. Camillo de Lellis e il Crocefisso”. L'altare maggiore è affiancato dalla Cappella del Crocifisso a destra e dalla Cappella delle Reliquie a sinistra. La prima custodisce il Crocefisso di legno di pino che S. Camillo trovò nell'ospedale S. Giacomo e che portò con sé quando lasciò l'ospedale. E' lo stesso crocefisso che parlò a S. Camillo, quando questi, in uno dei suoi momenti di sofferenza, lo pregò in ginocchio e vide che il Crocefisso allargava le braccia e lo abbracciava. La seconda cappella, detta delle Reliquie, custodisce il sudario di S. Camillo; e nella vetrina sopra l'altare conserva le Reliquie di due Beati camilliani: Luigi Aloisio Tezza ed Enrico Rebuschini. Il reliquiario di Bucchianico - In occasione della festa di San Camillo alla Calcara, nel 2010, è stato realizzato un nuovo reliquiario, per le Sacre Reliquie di San Camillo che ogni anno in prossimità della festa del santo, il 14 luglio 2011 percorre le contrade di Bucchianico. Le reliquie, il 13 luglio, partono da Chieti e vengono portate a Bucchianico con la Marcia della Carità.

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