GIACOMO LEOPARDI SI CONFESSO’ A NAPOLI

(Caserta24ore) NAPOLI Il poeta Leopardi con il padre Monaldo visitò da bambino il Santuario di Loreto, scrisse preghiere alla Madonna e prima di morire si confessà. Nonostante la sua mancanza di fede era legato alla Madonna di Loreto
dove si è recato più volte da Recanati per visitare la Santa Casa, accompagnato non solo dal padre Monaldo, storico del santuario, ma anche dal precettore, Joseph Anton Vogel, che era canonico onorario a Loreto. Al santuario di Loreto, Leopardi portò anche l’amico Pietro Giordani, quando, nel settembre 1818, lo ospitò nella casa paterna. Il 23 novembre 1825, a ventisette anni, scrisse una preghiera alla Madonna per la sorella Paolina : «A Maria. È vero che siamo tutti malvagi, ma non ne godiamo, siamo tanto infelici. È vero che questa vita e questi mali sono brevi e nulli, ma noi pure siam piccoli e ci riescono lunghissimi e insopportabili. Tu che sei già grande e sicura, abbi pietà di tante miserie». Probabilmente il poeta pensava alla Madonna Consolatrice degli afflitti, la cui effige appare nella cappella dei conti Leopardi. Il dipinto si trovava nel 1737 a Vienna ma fu portato a Recanati dal cappuccino Giovanni Biscia. Leopardi, inoltre, scrisse due preghiere dedicate alla Madonna. La prima è contenuta nel quinto canto del poemetto in terzine dantesche, Appressamento della morte, scritto nel dicembre 1816, a 18 anni: O Vergin Diva, se prosteso mai caddi in membrarti, a questo mondo basso, se mai ti dissi Madre e se t’amai, deh tu soccorri lo spirito lasso quando de l’ore udrà l’ultimo suono, deh tu m’aita ne l’orrendo passo. Il richiamo a Dante, quindi, non si limitò alla metrica, perché la conclusione, proprio come nella Commedia dell’Alighieri, si incentrava su un’invocazione alla Santa Vergine. Giacomo invoca la Madonna perché possa soccorrerlo nell’ora della morte, una poesia preghiera che Leopardi ricorda anche negli abbozzi degli Inni cristiani, progettati ma non scritti da Leopardi nell’estate del 1819. Nella poesia Leopardi chiede alla Madonna di vegliare su di lui sul finire della sua vita. Non a caso strinse rapporti stretti con i Gesuiti durante la sua permanenza a Napoli dal 1833 al 1837, anno della morte. Padre Francesco Scarpa, ha lasciato una preziosa testimonianza scritta sul fatto che Leopardi «si confessò e si riconciliò con Dio per mezzo del Sacramento della Penitenza». In una lettera a Carlo Curci, Scarpa racconta il suo incontro con il poeta: «Nell’anno 1836, mentre io confessavo nel Gesù di Napoli, vidi per più mattine, che si metteva questo giovane dirimpetto al mio confessionale, mi guardava fisso per un certo tempo, quasi come se avesse voluto mostrarsi a me, e poi ne andava via. Una mattina che mi vide sgombrato di penitenti, si accostò a me, e con un dolce sorriso e gentili maniere mi favellò in questa sentenza: “Padre, avrei a cuore di confessarmi a lei, perché mi ha rapito con le sue belle maniere in accogliere i penitenti; ma prima di venire all’atto della confessione, vorrei tener con lei lungo ragionamento in qualche parte remota”». Anche l’atto di morte di Leopardi, firmato dal parroco della Santissima Annunziata a Fonseca di Napoli, nel cui territorio era la casa dove il poeta morì il 14 giugno 1837 conferma il suo interesse per la religione durante i suoi ultimi quattro anni di vita a Napoli. Nell’atto di morte si legge: «A 15 giugno 1837, D. Giacomo Leopardi Conte, figlio di D.Monaldo e Adelaide Antici, di anni 38, munito dei Santissimi sacramenti, morto a 14 d. sepolto nel Camposanto del Coler,] dom.to Vico Pero, n. 2». Il notaio Leonardo Anselmi scrisse: «Mi trovai in casa Ranieri il giorno della morte del Conte. Verso le quattro pomeridiane il Leopardi chiamò la sorella di Antonio Ranieri, la quale, vestitasi in fretta, uscì di casa e ritornò col parroco, il quale verso le sei pomeridiane gli porta il viatico. La morte avvenne alle otto o alle nove di sera. A tutto questo mi trovai presente e mi ritirai verso la mezzanotte». Il padre di Giacomo, Monaldo, smise di scrivere il suo diario alla scomparsa del figlio. L’ultima notizia che vi si legge la scrisse Paolina: “Il giorno diciannove giugno 1837 morì nella città di Napoli questo mio diletto fratello divenuto uno dei primi letterati d’Europa. Fu tumulato nella chiesa di San Vitale sulla via di Pozzuoli. Addio caro Giacomo, quando ci rivedremo in Paradiso?”

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