3 Gennaio, la Chiesa Cattolica festeggia la solennità del "Santissimo Nome di Gesù".

(Maria Grazia Capanna) ROMA Nel 1530 papa Clemente VII autorizzò l'Ordine francescano a recitare l'Ufficio del Santissimo Nome di Gesù.
Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano. Sul valore straordinario del Nome di Gesù, riproponiamo alcune riflessioni di papa Benedetto XVI nel servizio di Alessandro Gisotti:“Comunicare il nome significa entrare in relazione con l’altro”. E’ questa la semplice e, al tempo stesso, straordinaria esperienza che ogni persona può sperimentare. Lo sanno bene i genitori quando per la prima volta chiamano per nome il proprio figlio. Un’emozione che anche Maria e Giuseppe hanno provato. E ancor di più, molto di più, perché, come sottolineava papa Benedetto XVI, quel Nome veniva dato “per volere di Dio”. La rivelazione del nome divino, osserva, “significa dunque che Dio, che è infinito e sussiste in se stesso, entra nell’intreccio di relazioni degli uomini”. Dio, soggiungeva, “esce da se stesso e diventa uno di noi”. Per questo, sottolineava, “in Israele sotto il nome di Dio non si è visto solo un termine avvolto di mistero, ma il fatto dell’essere-con-noi di Dio”. Essere con noi per salvarci: “Sì, questo significa il nome di quel Bambino, il nome che, per volere di Dio, gli hanno dato Maria e Giuseppe: si chiama Gesù che significa ‘Salvatore’. Egli è stato inviato da Dio Padre per salvarci soprattutto dal male profondo, radicato nell’uomo e nella storia: quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte”. (Messaggio Urbi e to Orbi, 25 dicembre 2011).

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