(Caserta24 ore) “Finora le campagne informative e le iniziative sul campo hanno riguardato per lo più adolescenti e giovani adulti, una fase dell’età evolutiva in cui si sono già manifestati comportamenti additivi o devianze. A quel punto è più difficile far arrivare il messaggio e cambiare direzione. Perciò gli specialisti auditi nel corso dell’indagine insistono sulla necessità di intervenire in una fase precedente dello sviluppo, quella preadolescenziale, già dai nove anni, di “formare i formatori”: genitori, insegnanti, catechisti, allenatori, insomma tutte le figure che per il bambino o ragazzo rappresentano a vario titolo un punto di riferimento”. Lo ha detto l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza, durante l’evento di presentazione del documento conclusivo dell’indagine sul degrado materiale, morale e culturale nella condizione dei minori, con focus sulla diffusione di alcool, nuove droghe, aggressività e violenza.
“Secondo la pressoché unanime opinione degli esperti - sottolinea la presidente - le politiche di contrasto alle dipendenze e i sistemi di prevenzione non hanno dato i risultati sperati, quantomeno tra gli adolescenti. Questo, ovviamente, nonostante le ottime intenzioni e l’impegno di tutti gli attori coinvolti, dalle istituzioni agli operatori di base. L’esito appare insoddisfacente, secondo quanto emerge dall’indagine, non per carenze normative (anche se l’apparato normativo è sempre perfettibile), ma perché le politiche di prevenzione e di contrasto alle dipendenze richiedono una revisione”, appunto nella direzione di interventi più precoci e di un maggior coinvolgimento di tutte le agenzie educative. Tra le altre cose, ha ricordato l’on. Brambilla, la commissione ha propone di “prevedere forme di assistenza, anche domiciliare, destinate ai neogenitori per aiutarli ad impostare correttamente lo stile di vita dei figli”, di “stabilizzare la figura dello psicologo scolastico o, meglio ancora, di creare équipe psico-sociosanitarie permanenti per la “prima accoglienza” del disagio e l’eventuale “presa in carico” successiva”, di “favorire progetti di educazione “tra pari” (peer-to-peer education), in cui i preadolescenti stessi diventano “ambasciatori” del corretto stile di vita presso i loro coetanei”.
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