Come ogni sabato pubblichiamo sulla rubrica libriamoci un racconto. Quello di questa settimana riguarda l'endemico problema della burocrazia italiana. Perchè questo problema non viene debellato?
Il burocrate italiano Sulla burocrazia vive una buona fetta di persone, anche quelli che dicono di odiarla o di adoperarsi per eliminarla. Ci sono file ovunque, in alcune non si avanza mai e i primi a lamentarsi per un mancato rispetto, sono pure i primi a raccomandarsi pur di scavalcarla. In alcuni Paesi del Nord Europa è impensabile avviare una pratica presso un qualsiasi ufficio statale, senza sapere o avere piena consapevolezza delle procedure. Se qualcuno scavalca anche per sbaglio una fila, viene tacitamente richiamato senza troppo rumore. In Italia scoppiano risse ma poi molti si ingegnano a chi è più furbo nel passare davanti agli altri, senza essere scoperto. Qui se una persona dice a un conoscente di dover andare a fare una fila, riceverà una miriadi di suggerimenti, consigli e avvertimenti su come evitarla. In questo contesto antropologico opera il burocrate italiano. Alimenta la mancanza di informazioni al pubblico sulle procedure necessarie per ottenere quanto spetterebbe di diritto. Queste informazioni le vende care lui, in cambio di favori, in alcuni casi anche soldi. Le informazioni che dovrebbero essere chiare e trasparenti, sono divulgate alla rinfusa. Al telefono gli operatori pubblici ormai non rispondono neanche più e gli URP – uffici relazioni con il pubblico – sono di fatto degli uffici stampa di propaganda su presunte efficienze dell’ufficio. L’ufficio pubblico italiano, malato di inezia, è efficiente solo per il burocrate. Ma chi è costui? Cerco di seguirne uno a caso, in una città qualsiasi nella zona dove sono stati delocalizzati gli uffici pubblici. Adocchio due burocrati. Uno è un dipendente statale con una mansione non ben definita. L’altro è un privato che ha accesso agli uffici pubblici grazie a convenzioni sindacali, patronati. Il primo arriva in orario, mai si sognerebbe di timbrare il cartellino in ritardo, gli assenteisti sono un’altra plaga. Arriva prima perché deve accompagnare i suoi adepti a scavalcare la fila. Poco dopo arriva il secondo, il ‘compare patronale’. Quest’ultimo sul fatto di non essere retribuito dallo Stato fonda la sua morale, giustificando gli inevitabili torti perpetrati ai danni dei cittadini che non vogliono o non possono servirsi dei suoi servigi, come danni collaterale inevitabile della sua professione. Apro una parentesi. Ecco un effetto collaterale. Può accadere che pensioni di invalidità vengano erogate a chi non ne ha bisogno come fossero una sorta di assegno sociale sulla disoccupazione. Questa cosa avviene a scapito di chi ha pieno diritto a ricevere il sussidio, al quale invece viene negato. Chiusa la parentesi sugli effetti collaterali. Il burocrate italiano non è uno solo, è una famiglia o meglio un clan con una testa di ponte in tutti gli uffici pubblici. Grazie all’inezia generale è capace di bloccare una pratica, di confondere informazioni, di tenerle sempre nascoste o renderle incomprensibili o distorte. Non è colpa dell’Amministrazione Centrale, che pure si adopera a snellire e rendere chiare le procedure. Il burocrate italiano raramente trova ostacoli alla sua opera. Se qualcuno lo prende di petto non si fa trovare, si nega. E’ un mostro dell’ostruzionismo. In casi peggiori ricorre alla criminalità per tacitare chi giustamente rivendica i suoi diritti. Ma per svolgere la sua attività il burocrate italiano ha bisogno della fila, di persone in coda. Egli accompagna di persona il suo cliente negli uffici mentre gli altri aspettano. Lui fa gli straordinari perché, quando gli altri vanno via, riaccende il computer e una pratica da penultima diventa seconda. Per questi servizi prende sempre una provvigione, commissione. E provvigione qua, commissione là gestisce un fondo che adopera per farsi strada negli uffici. Raramente capita che qualcuno lo metta alla porta, entra dappertutto e mai a mani vuote. Piccole cose, tali da non fargli rischiare l’attenzione dell’Autorità Pubblica, delle Forze Armate, della Magistratura, ma che comunque gli consentono di tessere le fila della rete nella quale avvolge il cittadino onesto a vantaggio del disonesto. Tra onesti e disonesti accade quello strano meccanismo, molto conosciuto dagli insegnanti italiani che or ora vi descrivo. In una scuola, c’erano due classi, una discreta e l’altra alquanto turbolenta. Gli insegnanti della classe turbolenta si lamentarono col preside perché faticavano non poco a gestire al meglio questa classe. Si decise di mischiare le due classi. Il risultato fu che entrambe le classi divennero turbolente.
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Il burocrate italiano Sulla burocrazia vive una buona fetta di persone, anche quelli che dicono di odiarla o di adoperarsi per eliminarla. Ci sono file ovunque, in alcune non si avanza mai e i primi a lamentarsi per un mancato rispetto, sono pure i primi a raccomandarsi pur di scavalcarla. In alcuni Paesi del Nord Europa è impensabile avviare una pratica presso un qualsiasi ufficio statale, senza sapere o avere piena consapevolezza delle procedure. Se qualcuno scavalca anche per sbaglio una fila, viene tacitamente richiamato senza troppo rumore. In Italia scoppiano risse ma poi molti si ingegnano a chi è più furbo nel passare davanti agli altri, senza essere scoperto. Qui se una persona dice a un conoscente di dover andare a fare una fila, riceverà una miriadi di suggerimenti, consigli e avvertimenti su come evitarla. In questo contesto antropologico opera il burocrate italiano. Alimenta la mancanza di informazioni al pubblico sulle procedure necessarie per ottenere quanto spetterebbe di diritto. Queste informazioni le vende care lui, in cambio di favori, in alcuni casi anche soldi. Le informazioni che dovrebbero essere chiare e trasparenti, sono divulgate alla rinfusa. Al telefono gli operatori pubblici ormai non rispondono neanche più e gli URP – uffici relazioni con il pubblico – sono di fatto degli uffici stampa di propaganda su presunte efficienze dell’ufficio. L’ufficio pubblico italiano, malato di inezia, è efficiente solo per il burocrate. Ma chi è costui? Cerco di seguirne uno a caso, in una città qualsiasi nella zona dove sono stati delocalizzati gli uffici pubblici. Adocchio due burocrati. Uno è un dipendente statale con una mansione non ben definita. L’altro è un privato che ha accesso agli uffici pubblici grazie a convenzioni sindacali, patronati. Il primo arriva in orario, mai si sognerebbe di timbrare il cartellino in ritardo, gli assenteisti sono un’altra plaga. Arriva prima perché deve accompagnare i suoi adepti a scavalcare la fila. Poco dopo arriva il secondo, il ‘compare patronale’. Quest’ultimo sul fatto di non essere retribuito dallo Stato fonda la sua morale, giustificando gli inevitabili torti perpetrati ai danni dei cittadini che non vogliono o non possono servirsi dei suoi servigi, come danni collaterale inevitabile della sua professione. Apro una parentesi. Ecco un effetto collaterale. Può accadere che pensioni di invalidità vengano erogate a chi non ne ha bisogno come fossero una sorta di assegno sociale sulla disoccupazione. Questa cosa avviene a scapito di chi ha pieno diritto a ricevere il sussidio, al quale invece viene negato. Chiusa la parentesi sugli effetti collaterali. Il burocrate italiano non è uno solo, è una famiglia o meglio un clan con una testa di ponte in tutti gli uffici pubblici. Grazie all’inezia generale è capace di bloccare una pratica, di confondere informazioni, di tenerle sempre nascoste o renderle incomprensibili o distorte. Non è colpa dell’Amministrazione Centrale, che pure si adopera a snellire e rendere chiare le procedure. Il burocrate italiano raramente trova ostacoli alla sua opera. Se qualcuno lo prende di petto non si fa trovare, si nega. E’ un mostro dell’ostruzionismo. In casi peggiori ricorre alla criminalità per tacitare chi giustamente rivendica i suoi diritti. Ma per svolgere la sua attività il burocrate italiano ha bisogno della fila, di persone in coda. Egli accompagna di persona il suo cliente negli uffici mentre gli altri aspettano. Lui fa gli straordinari perché, quando gli altri vanno via, riaccende il computer e una pratica da penultima diventa seconda. Per questi servizi prende sempre una provvigione, commissione. E provvigione qua, commissione là gestisce un fondo che adopera per farsi strada negli uffici. Raramente capita che qualcuno lo metta alla porta, entra dappertutto e mai a mani vuote. Piccole cose, tali da non fargli rischiare l’attenzione dell’Autorità Pubblica, delle Forze Armate, della Magistratura, ma che comunque gli consentono di tessere le fila della rete nella quale avvolge il cittadino onesto a vantaggio del disonesto. Tra onesti e disonesti accade quello strano meccanismo, molto conosciuto dagli insegnanti italiani che or ora vi descrivo. In una scuola, c’erano due classi, una discreta e l’altra alquanto turbolenta. Gli insegnanti della classe turbolenta si lamentarono col preside perché faticavano non poco a gestire al meglio questa classe. Si decise di mischiare le due classi. Il risultato fu che entrambe le classi divennero turbolente.
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