Libriamoci. Il racconto della settimana: L'orazione di guarigione di Caterina

Come ogni sabato pubblichiamo sulla rubrica libriamoci un racconto. Quello di questa settimana riguarda una preghiera. Una preghiera di guarigione risalente al tempo degli aragonesi nel Regno Di Napoli e che è stata tramandata fino alla fine dello scorso secolo.

L'Orazione di Caterina
Non è facile cavare il bene dal male! Il sofferente si affidava al guaritore che chiedeva l’aiuto dello Spirito Santo. Il guaritore gli cingeva la testa e recitava la preghiera. Il male andava via e il sofferente stava bene. Anche quando il male non se ne andava il sofferente riusciva a sopportarlo bene. Questo antico rito di guarigione è stato recitato in Italia per moltissimi anni presso la corte di un vecchio castello di campagna, che somigliava al Maschio Angioino, abitato da ricchi spagnoli mandati su quelle terre a governare.
Questa storia inizia il 12 ottobre del 1710 quando l’ultimo degli spagnoli presenti al castello si apprestava ad andare via. Una donna che si chiamava Catalina aveva ricevuto il compito di serrare per ultima le porte del castello. La lettiga trainata da muli, che l’avrebbe portata via, stava per arrivare. Lei si affannava, si agitava sembrava una gallina che non può fare l’uovo, perché doveva fare un’ultima cosa. Una donna del posto, che aveva prestato servizio al castello e che lei aveva convocato con urgenza, tardava ad arrivare. Il marito di questa donna era stato guarito da Catalina. Questa donna spesso, talvolta con insistenza, le aveva chiesto la preghiera di guarigione. Catalina non le aveva detto di no, ma aveva sempre rinviato di dargliela. Ora era arrivato il momento, ma la donna era in ritardo. Eccola di gran fretta: «Mi scusasse, stoni ca, a vosotro servicio». Ella sperava che Catalina le lasciasse un qualche cosa di materiale: un po’ di grano, qualche tornese, utensili, ma Catalina aveva messo tutto sotto chiave, segno che i suoi padroni volessero ritornare. Sorreggendo con entrambe le mani un foglio, piegato come fosse una bolla papale, glielo consegnò dicendo: «Escucha! Chesta es tuja oración». Poi parlando in napoletano, per essere sicura che capisse bene disse: «Devi recitare questa preghiera per un anno intero, tutti i giorni, da un Natale all’altro. Una volta che l’avrai imparata a memoria, dopo la messa della Natività, bruciala sul fuoco della mezzanotte e in quel momento sarai pronta a guarire dal male i sofferenti. Devi chiedere l’intercessione di Nostra Santa Signora, pilastro della nostra fede. Cingi la fronte del sofferente prima di iniziare la preghiera e toglila solo dopo che abbia chiesto l’aiuto dello Spirito Santo» e la congedò. Dalla via Latina intanto era arrivata la lettiga, Catalina salì e andò via senza altro proferire. La donna rimase esterrefatta, ferma, immobile: quel foglio pesava come fosse ferro.
Negli anni successivi la preghiera fece molta strada, in diverse forme sopravvisse nella memoria orale delle famiglie di quei borghi pedemontani a nord di Napoli. Venne recitata per guarigioni, per esorcismi, per auspicare salute e vigore dei popoli o semplicemente per pregare. Col ritorno dei soldati dalla Grande Guerra fu recitata per tenere lontana la peste. Durante la Seconda Guerra Mondiale per scongiurare le rappresaglie tedesche. Principalmente fu recitata nei secoli per guarire dalle sofferenze e cavare il bene dal male. Il 29 aprile del 1990 un’anziana infermiera rilevò la preghiera a una sua giovane conoscente che si chiamava come lei Caterina. Le consegnò la preghiera, scritta a macchina in volgare latino. Le disse di impararla a memoria così come secoli prima la donna spagnola Catalina aveva detto. Nessuna copia scritta poteva essere usata per guarire. Bisognava chiedere l’intercessione della Madonna attraverso la Santa Patrona. Raccomandò di fare molta attenzione al momento in cui il male fuoriusciva dal corpo del sofferente, in modo da non impattare in altre persone. Il guaritore esorcizzando il male, avrebbe dovuto indirizzarlo con ferma intenzione verso una gramigna del bosco, che si sarebbe seccata. Dopo qualche anno l’anziana infermiera morì. La giovane Caterina non diede valore a quel foglio, lo lasciò in un libro, in una vecchia libreria della casa dei suoi nonni. Si trasferì all’estero per lavoro e si stabilì a Saragozza in Spagna. Il 29 aprile del 2018 mentre si attardava in chiesa dopo la messa di mezzogiorno, la sua attenzione fu attirata da un gruppo di credenti che stava recitando questa preghiera a “los santos patronos”.

“¡Los que creemos en ti, bendecimos al Señor! Con usted ayuda Dios sálvame miserable pecador y siempre danos todo el vigor y la salud del cuerpo. Por sus sufrimientos, deja que el mal furioso se vaya o lo soportas con serenidad, en vista de su eterna salvación. El que sufre: “Ayúdame a través del Espíritu Santo”. Amén”

Come un lampo illumina il buio di una stanza chiusa, nella memoria della donna apparve la copertina del libro dove aveva abbandonato, anni prima, la preghiera. A Natale tornò in Italia, al suo paese. La stanza della casa di corte di fine ottocento dei suoi nonni era stata abbandonata e saccheggiata. Non c’era più niente, solo vecchi libri sparsi a terra sul pavimento di cocciopesto. Ma sullo scaffale della vecchia libreria tarlata, resisteva quel vecchio libro con all’interno scritta a macchina la preghiera di Caterina.

“Benedici Tibi Benes Convertati viotiure et sereno molto mesta Diot salvamet seon miseri perto vior ognius date nobis et vobis salutem corporis o per exfelat corporis tui satis cum olà furiondo male patis per prevedentione eius filose provvedeste mei Spirito Santo Amen”.
Arrivò l’epoca delle pandemie. Il male sotto forma di virus si impadronì del mondo con continue pestilenze. Si tentarono tutte le strade per arginare il problema. Passavano gli anni e gli Stati, le organizzazioni sanitarie non riuscivano a risolvere il problema. Caterina intanto era diventata una guaritrice, pensò se fosse stato possibile guarire il mondo dalla pestilenza con la preghiera ricevuta in dono. Organizzò sui social una preghiera collettiva, il 12 ottobre giorno di Nostra Signora del Pilar e il 29 aprile quello di Santa Caterina, divenuta compatrona d'Europa. Così ogni anno sempre più persone a queste date recitarono: "Noi credenti benediciamo il Signore. Con il Vostro aiuto, Dio salvi noi umili peccatori. Doni sempre a tutti vigore e la salute del corpo e per le sofferenze della pandemia vada via il virus furibondo oppure sopportiamolo senza patemi, in vista della salvezza eterna. Aiutateci per mezzo dello Spirito Santo Amen"

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