Libriamoci, rubrica la lettura, il racconto L'esorcismo di Trogir


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Il racconto: "L'esorcismo di Trogir"
I protagonisti raccontano in prima persona: si trovano a Trogir in Dalmazia che si pronuncia Troghir e i croati ci tengono a correggerti se sbagli. I due erano in viaggio per turismo, il giorno dopo avrebbero preso l’aereo all’aeroporto di Spalato poco distante.

Era l’ora del vespro, eravamo alla ricerca di un bassorilievo ellenico del III secolo rappresentante il Dio greco Kairos raffigurato nella ricerca dell’istante propizio, del tempo giusto. Sentimmo una campana di una chiesa suonare, forse per la messa. Raggiungemmo la chiesa. Fuori su un cartello vi era scritto l’orario di visita, a quell’ora terminato. Nel sagrato c’era la statua del martire Agostino Kazotic nato lì nel 1260 e morto in Italia a Lucera nel 1323. Si trattava di un convento.

Ricordavo di aver letto in una guida che Kairos si trovava in un monastero, proposi di entrare. Era invece la chiesa del convento di San Domenico, dove proprio in quel momento, a nostra insaputa, stava per iniziare un rito esorcista.
Erano presenti una quarantina di persone che recitavano una sorta di litania, come quella che si dice dopo il rosario, che precede la celebrazione eucaristica. Ci sedemmo tra I banchi sbirciando per scrutare il bassorilievo. Non c’era, non si vedeva. Deve essere nel convento adiacente?
Decidemmo di partecipare alla messa ed eventualmente al termine chiedere lumi sul bassorilievo. Ma improvvisamente sentii il ringhiare di un cane.
“Caspita anche in chiesa portano questi cani!” pensai tra lo stupore e la meraviglia. Ma faccio presto ad accorgermi che ad emettere quel ringhiare era una donna, seduta sull’altra fila di banchi, tenuta per mano da altre due donne di cui una le assomigliava molto, probabilmente sua madre.
Arrivò sull’altare un parroco, col vestito talare e un grosso crocifisso di legno in mano. La messa non iniziava ed il parroco recitò pure lui la litania incomprensibile perché recitata in croato, che tutti ripetevano. Il ringhiare della donna aumentava, emetteva dei gemiti con un timbro di voce che mai penseresti potesse essere emesso da un essere umano, tanto più da una donna. Si dimenava, veniva trattenuta con forza dai suoi accompagnatori. Sputava, batteva i piedi a terra, forse imprecava in croato, francese “muà, muà” diceva.

Il prete, imperterrito, continuava con la litania. Dopo qualche dubbio, mi capacitai che, per caso, eravamo finiti nel bel mezzo di un rito esorcista. “Ma vuoi vedere che si tratta di una setta? Oppure deviazioni della Chiesa, è capitato che dei sacerdoti esorcisti fossero stati arrestati in Italia. Poi mi rassicurai: “Non può essere, questa è una chiesa cattolica, siamo in pieno centro, sarà un esorcismo. Quanto può durare?”. Non sembrava il caso di andare via, non per la mia compagna che era già fuori. Aspettai, era passata mezz’ora dall’ingresso. Mentre pensavo altre persone iniziarono ad emettere dei gemiti, come fossero in agonia. Tutti erano seduti. La suggestione era tanta. Il mio battito cardiaco accelerò, sentivo le gocce di sudore che mi scendevano dietro la schiena. Sarei voluto uscire di corsa, come aveva fatto la mia compagna, ma era tardi. I fedeli interloquivano nel rituale dettato dal sacerdote ed io sembravo come quel bambino, seduto ai primi banchi alla messa domenicale di mezzogiorno, che non sa quando alzarsi e si guarda costantemente intorno. I gemiti, le urla, le lamentela della donna in particolare, si facevano sempre più frequenti. Il prete finì di recitare quella che a me sembrava una litania e la situazione si calmò. Scese dall’altare per riporre il crocifisso sulla testa dei fedeli, me compreso, appoggiando la mano sulla spalla a chi uno, chi due minuti, chi pochi secondi. Due persone salirono sull’altare e presero due bottiglie d’acqua da un litro e mezzo e andarono via. Altre persone avevano nei banchi delle bottigliette d’acqua più piccole sigillate con della plastica trasparente. Il prete proseguì il giro. Alcuni, quando avvicinava il crocifisso sulle proprie teste, iniziavano a rantolare, a lamentarsi. Il prete si intratteneva di più e bisbigliava qualcosa, forse preghiere.
Così benedisse uno ad uno la maggior parte delle persone, ma non tutte: saltò la donna che più si dimenava e quelle che le stavano a fianco. Quando si avvicinò ad una giovane pure iniziò a dimenarsi battendo i piedi a terra con forza. Il prete tornò quindi sull’altare e iniziò una nuova preghiera. Tutti pregavano. Le urla intanto aumentavano. Sembravano imprecazioni in diverse lingue, sopratutto della donna che per prima aveva iniziato a ringhiare. Il prete alzò le mani per far pregare I fedeli con più vigore. Anche io iniziai a recitare qualche preghiera, ma mi venne strozzata la voce in gola da un urlo forte detto in italiano “ZITTO”. Era quella donna. Ce l’aveva con me? No col prete! O forse era italiana? Intanto continuò a imprecare in altre lingue a me sconosciute. Mi aveva zittito, tramortito e solo dopo un po’ ripresi a dire qualche preghiera. La donna si lamentava sempre e assieme a lei anche altre persone, tra cui la giovane che le stava dietro. Iniziò a battere vigorosamente i piedi a terra e a sputare. Tutti pregavano, il prete si rivolse direttamente alle due. Quella davanti sembrò calmarsi, ora era solo quella dietro che si dimenava, ma non più di tanto. Mi ricordai di una preghiera di famiglia, una preghiera di guarigione che una mia anziana parente usava per invocare l’intercessione di Gesù, di San Giovanni Battista e della Madonna per alleviare i dolori dei sofferenti. Iniziai a recitarla: “Noi buoni convertiti benediciamo il Signore. Con il vostro aiuto, Dio salvi me misera creatura, doni sempre a tutti noi ogni vigore e la salute del corpo. Per le sue sofferenze vada via il male furibondo, oppure lo patisca con gioia perché possiate provvedere alla sua salvezza eterna. Aiutatemi per mezzo dello spirito santo. Amen!”.

“BASTA!” urlò a questo punto più forte la donna che prima sembrava essersi calmata. Il prete iniziò quella che sembrava una filippica. Ripetei ancora la preghiera ma non riuscii mai a finirla per le urla, per la suggestione, per la confusione. Le due donne, ripresero a dimenarsi in maniera vigorosa, mi interrompevano sempre. Ad un ceto punto tutti i presenti congiunsero le mani al petto ed io con loro. Le urla diminuirono. La ragazza seduta dietro la donna che per prima si era dimenata, sembrò ritornare il sé, tentò di prendere la sua borsa caduta a terra. Si sentivano ancora flebili rantoli di agonia da più parti tra i partecipanti al rito. Allora il prete scese dall’altare con l’acquasantario a benedire tutti i fedeli uno ad uno. Solo la donna che per prima e più di tutte le altre si era dimenata, seppur sfinita, continuava nell’atteggiamento di sfida, di protesta. Diceva sempre “BASTA” pronunciato con arroganza con una forza che non ti aspetti da persona sfinita. Allora il prete tornò sull’altare: ancora tre, cinque minuti di preghiera, sempre la stessa litania. La cosa sembrava andare per le lunghe, la signora non era venuta in sé completamente e il sacerdote riuscì a fatica a impartirle la benedizione “Padre, Figlio e Spirito Santo”, salutò i fedeli con la mano e io andai via prima di tutti.

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